Dopo il suo debutto come regista di lungometraggi nell’horror indipendente con Home Sick (2007), Adam Wingard ha continuato a dedicarsi al genere con pellicole come Pop Skull (2007), You’re Next (2011), V/H/S (2012) e V/H/S 2 (2013), film antologici di cui ha diretto due episodi, e Blair Witch (2016), sequel del celebre The Blair Witch Project (1999).
Notato dalle grandi produzioni, è stato ingaggiato lo scorso maggio da Legendary Entertainment e Warner Bros. per la regia del film-crossover del franchise MonsterVerse, intitolato Godzilla vs. Kong, in uscita nel 2020, ed ha lavorato quest’anno, per una produzione Netflix, alla trasposizione live-action di Death Note, manga di culto scritto da Tsugumi Ōba e disegnato da Takeshi Obata. A questo link potrete trovare la nostra recensione.

In una recente intervista rilasciata a Rue Morge, il regista ha parlato dell’influenza che ha avuto sulla sua opera il cinema horror orientale e giapponese in particolare; questione tanto più significativa e degna di considerazione se si considera l’origine nipponica dell’opera di riferimento a cui la pellicola è ispirata e le numerose accuse di whitewashing che si sono accumulate nei confronti del film. Ecco cosa ha rivelato Wingard a proposito:
“Quando ero nella scuola di cinema, circa nel 2001-2002, era il periodo d’oro specialmente dell’horror giapponese – i film di Takashi Miike, di Kiyoshi Kurosawa, quel genere di cose – arrivavano negli Stati Uniti, nonostante una gran parte come bootleg. Mi ricordo di aver visto Battle Royale su una videocassetta che mio fratello comprò ad una convention di anime, che ovviamente era l’unica risorsa per procurarsi quei film allora, ma la qualità era davvero terribile; era come se fosse un EP registrato dopo altre 15 registrazioni precedenti. Questo è anche il modo in cui ho visto Ringu e tutti quei film, e questo aggiungeva qualcosa – quel tipo di qualità “sporca”, no?

Andando avanti però fui davvero felice di vedere questi film nel modo in cui erano stati concepiti. E sì, ebbero un’enorme influenza su di me, specialmente la maniera in cui approcciavano la violenza con quello stile operistico. C’è una sequenza in Death Note in cui presentiamo L, e la sua indagine lo ha condotto in Giappone; è un omaggio a Ichi The Killer. Abbiamo riempito questa stanza con corpi nudi – persone in un sex club attaccato dalla Yakuza – e quello è stato il mio supremo momento “Takashi Miike”. Anche qualcuno dei miei precedenti film; se guardate Home Sick, il primissimo film che ho fatto, quello è quasi interamente influenzato da Takashi Miike, così come da Lucio Fulci”.

Il regista inoltre si è dichiarato interessato e disponibile anche per un eventuale sequel di Death Note:
“Beh, mi piacerebbe; è sempre stata quella l’idea. Questo film regge benissimo anche da solo, e c’è un’ottima struttura a loop. Tutti i temi e le idee che volevamo esplorare sono tutti lì e attaccati. I personaggi però sono molto divertenti e interessanti, e dal momento che questa è una storia di un inizio, spalanca le porte sulla possibilità di esplorarli ancora meglio”.

Il film, prodotto da Netflix, sarà disponibile sulla piattaforma da domani, 25 agosto 2017.
Fonte: Rue Morgue
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